«Liturgia “virtuale”?» è il tema affrontato nel XII Congresso Internazionale di Liturgia, svoltosi dal 20 al 22 ottobre, presso il Pontificio Istituto Liturgico dell’Ateneo Sant’Anselmo.

Se la trasmissione e diffusione della Messa attraverso i mezzi di comunicazione, prima radiotelevisivi ed ora anche digitali, non è certo una novità, è evidente quanto la pandemia provocata dal covid abbia ulteriormente amplificato il ricorso a questi media, soprattutto mentre era impossibile la partecipazione in presenza alle celebrazioni liturgiche. Il distanziamento, le mascherine e le ulteriori restrizioni hanno condizionato anche i riti, riducendo, limitando o addirittura annullando i sensi e, perciò, la ritualità stessa.

Numerosi sono i problemi e le domande derivanti da questa situazione e dalle soluzioni trovate e messe in atto per affrontarla, che sono state oggetto della riflessione.

I contributi proposti dai numerosi e qualificati relatori si sono mossi principalmente in tre ambiti.

Il primo approccio ha affrontato gli aspetti antropologici e filosofici, tematizzando la questione della fede e del culto all’epoca della digitalizzazione; se siano possibili forme di partecipazione e di assemblea virtuali; le questioni delicate e complesse riguardanti l’autenticità dei gesti, l’irrinunciabilità delle dimensioni corporea, spaziale e temporale; la necessità di tener conto di aspetti teologici, liturgici, pastorali ed anche tecnici, ognuno dei quali contribuisce a trasmettere una determinata immagine di celebrazione liturgica e di Chiesa.

Un’ulteriore panoramica ha riguardato gli aspetti storici, per rileggere esperienze del passato e confrontarsi con esse, infatti non è la prima volta che la Chiesa si trova ad affrontare epidemie, morbi, pestilenze. Guardando alle esperienze già vissute, emerge quanto, in epoche e situazioni precedenti, si siano sviluppate maggiormente forme di pietà popolare, devozione mariana ed ai santi, paraliturgie, piuttosto che forme liturgiche, mentre ai nostri giorni l’attenzione si è concentrata in maniera preponderante e quasi esclusivamente sulla celebrazione eucaristica. Se il passato ha mostrato, in situazioni simili, un maggiore coinvolgimento da parte dei laici, anche a fronte di una decimazione del clero, l’oggi ha prodotto un digiuno liturgico-eucaristico solo per i fedeli, mentre i pastori hanno continuato la celebrazione in una forma considerata “privata”, a volte anche tristemente chiamata in questo modo.

Il terzo ambito ha messo a tema aspetti liturgici e pastorali: il nodo di fondo è stato ancora quello della partecipazione attiva dei fedeli alla liturgia per ritus et preces, non fermandosi alla sola celebrazione eucaristica e allargando lo sguardo, ad esempio, anche alla liturgia delle ore attraverso modalità e riunioni virtuali ed alla liturgia della chiesa domestica, che esiste da prima della pandemia, ed ha fondamento e origine nel sacerdozio battesimale dei fedeli: consapevolezza che chiede di essere valorizzata e fatta crescere per la crescita spirituale del popolo di Dio.

La tavola rotonda conclusiva, con lo sguardo aperto al futuro, ha rilevato come la pandemia abbia messo in evidenza che, prima della crisi sulla liturgia e la celebrazione eucaristica, c’è una crisi seria della preghiera di cui occorre prendere atto perché senza affrontare questa non sarà possibile trovare soluzioni all’altra. I momenti di difficoltà fanno emergere in maniera ancor più evidente i modi di pensare e affrontare la realtà e se in questi momenti è improbabile progettare il cambiamento, è necessario fare questa operazione usciti dalla situazione più critica per ridefinire il futuro, per sapere in quali direzioni muoversi: anche questo è stato l’auspicio e il contributo che la riflessione di quei giorni ha voluto portare avanti.