Nella splendida cornice della Villa Cagnola di Gazzada – Varese, si è tenuta la 48esima settimana di studio dell’APL, dedicata al tema dell’assemblea eucaristica. Il tema era strettamente collegato al precedente Convegno sulla teologia dell’Eucaristia a partire dalla forma rituale: là si trattava di investigare i temi classici della teologia eucaristica – la presenza reale, il sacrificio, la comunione al sacramento – alla luce della nuova forma rituale scaturita dalla riforma. Qui si è cercato di approfondire il tema dell’assemblea eucaristica inteso non solo come soggetto della celebrazione ma come contenuto teologico della stessa. Operazione non scontata, dal momento che vi sono teologie dell’Eucaristia in cui l’assemblea non compare, se non come destinataria di un Mistero che si dà a prescindere da essa.

La riflessione si è intenzionalmente situata in un contesto sociale ed ecclesiale segnato da due eventi: la difficile ripresa della vita liturgica ordinaria, nel tempo della pandemia; la recezione della terza edizione italiana del Messale Romano, uscita nel 2020. Le relazioni del primo giorno, offerte da don Giuliano Zanchi e don Lorenzo Voltolin, hanno mostrato come l’emergenza sanitaria abbia portato alla luce una evoluzione già presente nelle nostre assemblee, sempre meno “organiche” e sempre più fluide, meno segnate dal radicamento al territorio e più aperte, come si è evidenziato nell’analisi degli effetti della mediazione digitale, a diverse forme di presenza e di partecipazione.

In gioco, come è emerso dalla relazione di don Roberto Repole sulla sacramentalità dell’assemblea, è la possibilità di precisare le condizioni e le modalità attraverso cui l’assemblea liturgica concreta possa manifestare la sacramentalità della Chiesa. La ripresa dell’apporto dell’ecclesiologia orientale, a questo proposito, è stata utile per considerare l’assemblea non solo come uno degli elementi dell’Eucaristia, ma come una sua dimensione essenziale, per cui la divina liturgia è il sacramento dell’assemblea e l’assemblea è il sacramento della Chiesa intesa come segno e strumento della salvezza, nel legame di ogni assemblea eucaristica – anche la più piccola – con l’eucaristia celebrata dal vescovo.

A fianco di questa riflessione fondativa, il lavoro sul Messale ha cercato di approfondire con cura le “logiche comuni” alle diverse sequenze celebrative dei riti di ingresso, della liturgia della Parola, della liturgia eucaristica, così da riconoscere nel principio della partecipazione attiva e consapevole dei fedeli un criterio ermeneutico fondamentale per comprendere in profondità e pienezza il significato teologico dell’Eucaristia. La ripresa mistagogica dei diversi momenti della celebrazione eucaristica (Morena Baldacci per i riti di inizio, Gabriele Tornambè per la liturgia della Parola, Emanuele Borsotti per la liturgia eucaristica) ha offerto un esercizio di ermeneutica rituale capace di tenere insieme i testi, i gesti, le sequenze celebrative, così da mostrare il contenuto teologico più profondo dell’Eucaristia nella forma concreta dell’assemblea celebrante e dei suoi gesti.

Molto interessanti sono stati gli interventi provenienti d’oltralpe, dalla Germania (con il prof. Markus Tymister) e dalla Francia (con il prof. Gilles Drouin), i quali hanno riflettuto rispettivamente sul rapporto tra Eucaristia e giorno del Signore e sullo spazio dell’assemblea celebrante. Il primo ha precisato la questione del diritto del battezzato all’Eucaristia battesimale nel senso dell’obbligo di celebrare da parte della comunità, nelle condizioni previste e possibili: un obbligo che include naturalmente il diritto di potervi partecipare. Il secondo ha insistito sulla necessità di non isolare i principali poli della celebrazione eucaristica (altare, ambone, sede) dallo spazio dell’assemblea. Nella relazione conclusiva, Giorgio Bonaccorso ha ribadito il primato dell’assemblea reale che celebra l’azione liturgica su quella ideale descritta dalla rubrica, per cui – oltre una eccessiva opposizione tra rito e rubrica – si tratta di pensare il rapporto di permeabilità e impermeabilità che contraddistingue l’esperienza celebrativa, chiamata a far entrare l’assemblea concreta proteggendola al contempo da ogni dissipazione.

Al termine del Convegno, che ha ricevuto la visita molto apprezzata dall’arcivescovo mons. Mario Delpini, è parso chiaro ai convegnisti il fatto che la fiducia che la fede della Chiesa ripone nell’assemblea liturgica come luogo in cui si rende presente la Chiesa di Cristo (cf. LG 28) non possa e non debba riposare tranquilla: è necessario che le legittime assemblee manifestino realmente la sacramentalità della Chiesa, nella concretezza della loro forma rituale, fatta di linguaggi, presenze e ministeri. Come ci ha insegnato il cammino del movimento liturgico, si tratta anche per l’assemblea, così come per la teologia dei sacramenti, di passare dalla logica del “minimo necessario” perché sia dia una assemblea liturgica legittimamente costituita alla logica del “massimo gratuito” perché la celebrazione eucaristica e il Mistero che in essa si dona sia di tutta l’assemblea e per tutta l’assemblea.